Uccidere o non Uccidere l’Helicobacter pylori ?
Uccidere o non Uccidere l’Helicobacter pylori ? Questo è il (nuovo amletico) problema !
Prof. Giancarlo Caletti Gastroenterologo, Professore dell’Alma Mater; Casa di Cura Toniolo, Bologna.
Nel numero di dicembre 2019 dell’autorevole rivista “The American Journal of Gastroenterology”, giornale ufficiale dell’American College of Gastroenterology, sono apparsi 2 articoli firmati da eminenti studiosi, che hanno bruscamente risvegliato dal torpore prenatalizio i gastroenterologi di tutto il mondo, rimettendo in discussione la storica linea di comportamento per la cura di questa infezione (1,2).
Come si evince facilmente dai due titoli, ambedue gli scritti demoliscono con argomenti concreti e plausibili la linea di azione finora seguita da tutto il mondo medico, consistente nel trattare sempre ogni paziente trovato affetto da Helicobacter pylori (HP) fino ad ottenerne la completa eradicazione.
Per capire meglio questo dirompente messaggio, è indispensabile rivedere brevemente la storia dell’infezione da HP.
Quella da HP è una delle più comuni infezioni gastrointestinali del genere umano ed è presente in circa la metà della popolazione mondiale. Notato già nell’800 dal patologo italiano Bizzozzero, che lo considerò un normale commensale del nostro stomaco, l’enorme importanza clinica dell’HP fu chiarita alla fine del 20° secolo dalle ricerche di Barry Marshall e Robin Warren, premiate nel 2005 con il premio Nobel.
I due scienziati dimostrarono che l’HP è alla base della patogenesi della gastrite cronica e dell’ulcera peptica e che la sua eradicazione con antibiotici associati a inibitori della pompa protonica, porta alla guarigione stabile di queste malattie.
Ricerche successive hanno poi stabilito un nesso causale fra l’HP, il cancro gastrico ed il linfoma gastrico MALT.
La catena di passaggi da stomaco normale a cancro avviene fortunatamente in molti anni, addirittura decenni, e in percentuali di individui via via minore. Essa inizia con una pangastrite cronica dovuta all’HP, seguita da gastrite atrofica, poi da metaplasia intestinale da displasia ed infine in una minima porzione di pazienti si può arrivare al cancro.
Se oggi è assodato che le persone non infettate da HP quasi certamente non si ammaleranno mai di ulcera peptica, cancro gastrico e linfoma gastrico MALT, non è chiaro invece perché solo una minima percentuale di individui infettati da HP vada incontro a queste malattie. Evidentemente altri fattori ancora poco noti contribuiscono alla loro insorgenza (predisposizione genetica, abitudini di vita come il fumo, nitriti alimentari ecc).
In sintonia con queste scoperte, le linee guida europee (Maastricht guidelines) e asiatiche hanno stabilito che:
Poiché l’HP è una malattia infettiva, ogni persona risultata portatrice di questo microbo dovrebbe essere curata.
Questo nell’intento di guarire in modo definitivo e stabile i portatori di ulcera peptica gastrica o duodenale, di prevenire e/o guarire il linfoma gastrico MALT in fase iniziale (3) ed infine di prevenire l’insorgenza del cancro gastrico.
Ad insidiare queste linee comportamentali sta la notizia che recenti dati statistici seri ed affidabili hanno evidenziato che il cancro gastrico é in declino nei paesi occidentali, (verosimilmente per la diminuzione dell’infezione da HP nella popolazione, dovuta a migliori condizioni alimentari e di igiene famigliare).
In parallelo questi dati hanno denunciato un marcato aumento dell’adenocarcinoma esofageo (adenocarcinoma su Barrett), dovuto alla epidemia di obesità e conseguentemente al reflusso cronico gastro-esofageo che colpisce gli obesi.
Questo tumore risponde poco a tutte le cure a differenza del carcinoma esofageo classico (lo spinocellulare) che ha una discreta risposta alla radio-chemioterapia.
In contemporanea è stato dimostrato che l’infezione da HP protegge dall’insorgenza dell’adenocarcinoma esofageo (fino al 79% dei casi).
Questa protezione è probabilmente dovuta al fatto che l’HP provoca una gastrite cronica, diffusa a tutto lo stomaco (pangastrite), con conseguente marcata diminuzione della produzione di acido cloridrico e quindi riducendo così la forza lesiva del materiale refluito dallo stomaco all’esofago nei soggetti predisposti.
A confondere ulteriormente le idee e a far vacillare le convinzioni in proposito si aggiunge il fatto che la FDA (Food and Drug Administation USA) nel 2018 ha lanciato un pesante allarme sulla pericolosità di alcuni antibiotici, che sono il cardine della cura dell’HP.
In particolare si è allertato che la claritromicina ed i chinolonici (levofloxacina e ciprofloxacina) possono provocare l’infarto del miocardio e aritmie cardiache.
In dettaglio, la terapia anti HP a base di claritromicina si è dimostrata associata all’aumento di 3 volte del rischio di infarto e di 5 volte del rischio di aritmie cardiache.
Per quanto concerne i chinolonici, questi raddoppiano il rischio di rottura o dissezione dell’aneurisma dell’aorta e di conseguenza debbono essere esclusi dalle terapie in pazienti con ipertensione e malattie vascolari.
Non ultimo per importanza, è apparso uno studio epidemiologico che dimostrerebbe che curare l’HP non ridurrebbe il rischio di sviluppare un cancro gastrico in aree con alta incidenza di questo tumore. Il rischio di cancro gastrico sarebbe modicamente ridotto solamente quando alla terapia antibiotica si associano antiossidanti (vit C e altri), aglio (sic!) e celecoxib.
Infine, ciliegina sulla torta (avvelenata), ben 5 trial randomizzati in doppio cieco fra pazienti trattati per eradicare l’HP per prevenzione del cancro dello stomaco e pazienti HP+ trattati con placebo, hanno evidenziato che la mortalità è risultata più elevata nel gruppo trattato con antibiotici rispetto a quelli che avevano assunto il placebo!!.
A questo punto è lecito dubitare che i benefici attesi da un trattamento generalizzato dell’HP siano inferiori ai danni che esso comporta.
Ci si trova così di fronte al dilemma decisionale se si dovrà continuare a prescrivere lunghe e pesanti cure antibiotiche per eradicare l’HP ad un numero enorme di persone che mai svilupperanno il cancro dello stomaco, mentre in alcune potrebbero facilitare in tempi lunghi l’insorgenza di cancro dell’esofago ed in altre addirittura creare gravi complicanze immediate!!
Desai (1) conclude il suo articolo suggerendo di abbandonare la politica di trattare sempre tutti i pazienti HP+ e di passare ad un approccio di trattamento individualizzato:
- Trattare con antibiotici i pazienti ad alto rischio di cancro gastrico (soggetti trovati all’a gastroscopia portatori di estesa metaplasia intestinale gastrica di tipo completo e con famigliarità di 1° grado per questo tumore) e nel caso ciò fosse necessario evitare l’impiego di claritromicina e di chinolonici.
- Rinviare il trattamento dell’HP in soggetti a rischio di sviluppare un adenocarcinoma esofageo (portatori di grandi ernie hiatali con importante reflusso ed affetti da esofago di Barrett).
Dal canto suo Chey (2) suggerisce:
- Trattare sempre, con l’intento di eradicare l’HP, tutti pazienti HP+ con ulcera gastrica o duodenale attive o pregresse.
- Trattare sempre con l’intento di eradicare l’HP tutti pazienti HP+ trovati affetti da linfoma gastrico MALT.
- Nello schema di cura anti HP non utilizzare più la claritromicina (tra l’altro oramai poco efficace in quanto ha sviluppato resistenza) né i chinolonici.
- Preferire schemi di cura in cui siano presenti il bismuto, le tetracicline e l’amoxicillina (nei soggetti non allergici a quest’ultima), la cosiddetta terapia quadruplice con bismuto.
- Trattare sempre, con l’intento di eradicare l’HP, tutti pazienti HP+ con gastrite cronica e metaplasia intestinale.
Va ribadito comunque che la metaplasia intestinale NON evolve sempre necessariamente a cancro gastrico. Nei casi con metaplasia intestinale estesa dovranno essere effettuati controlli endoscopici e bioptici ogni 3-5 anni e questi pazienti non dovranno essere più trattati con PPI (che peggiorano l’evoluzione verso il cancro), ma con antiossidanti di vario tipo, sucralfato e vit C.
E con tutti gli altri soggetti risultati HP+ che fare??
Gli scritti di Desai e Chey insegnano ai medici ad essere meno tecnici, ma più clinici, alla vecchia maniera, anche se ciò può comportare qualche dubbio amletico.
Dopo vent’anni di trattamenti antibiotici prescritti indiscriminatamente a tutti i soggetti affetti da HP, trattamenti talvolta impropri ed insufficienti ad ottenere l’eradicazione, ma fonte di antibiotico resistenza, è arrivato il momento di porsi qualche interrogativo di fronte al paziente, prima di iniziare disinvoltamente un trattamento anti HP.
Si valuti bene il soggetto, la sua età, le patologie concomitanti, i suoi fattori di rischio non solo gastrici ma anche generali, la sua aspettativa di vita, valutando attentamente la bilancia dei costi e benefici.
Desai e Chey soprattutto rivalutano il principio di Ippocrate, troppo trascurato nella moderna pratica medica:”primun non nocere, secundum cavere, tertium sanare”. Per prima cosa non fare danni al paziente, in secondo luogo essere cauti, e in terzo luogo (solo alla fine, quando possibile) “curare”.
1) Desai T et al. Eradicating H. pylory: a Rush to Judgment? Does Every patient Need Antibiotic treatment? Am J Gastroenterol 2019;114:1827-1828.
2) Chey WD. Helicobacter pylori: When We Should Treat… Am J Gastroenterol 2019;114:1829-1832.
3) Caletti GC et al. Consecutive regression of concurrent laryngeal and gastric MALT lymphoma after anti–Helicobacter pylori therapy. Gastroenterology 2003; 124: 537-543.
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