Gastroprotettori
Uso (corretto) ed abuso (pericoloso)
I cosiddetti “gastroprotettori” scientificamente chiamati “Inibitori della Pompa Protonica (IPP)” sono fra i farmaci più utilizzati al mondo.
L’IPP inibisce la secrezione acida dello stomaco, legandosi all’enzima idrogeno-potassio adenosina trifosfato situato nelle cellule parietali gastriche.
Essi sono prescritti in modo generalizzato e spesso senza una precisa diagnosi, come tentativo di cura per una miriade di sintomi quali, la pirosi o bruciore gastrico, il dolore toracico, il rigurgito, la tosse cronica, la raucedine, il globo (vedi articolo specifico in questo sito), la nausea, la dispepsia ovvero la cattiva digestione, e il dolore addominale.
Tuttavia, circa il 25% dei pazienti a cui è stato prescritto un gastroprotettore, lo continua ad assumere per più di 1 anno.
Questo fatto non solo è dovuto al medico che lo prescrive, ma anche all’automedicazione degli stessi interessati.
Purtroppo, la lista dei disturbi per cui l’IPP è prescritto, è lunga quanto la lista degli effetti negativi di questi farmaci su chi li usa impropriamente.
Indicazioni corrette all’uso prolungato degli IPP.
Le indicazioni corrette all’utilizzo per lunghi periodi dell’IPP si contano su di una mano ([i]).
Sebbene essi siano comunemente assunti in modo continuativo per sintomi attribuiti al reflusso gastro-esofageo, sia sintomi tipici (pirosi, dolore toracico, rigurgito) che sintomi atipici (tosse cronica, raucedine, globo, nausea), molti pazienti non hanno un vero reflusso gastro-esofageo e non necessitano un trattamento continuativo con gli IPP.
Di conseguenza, prima di iniziare una cura a lungo termine con gli IPP, si dovrebbe stabilire una diagnosi certa di reflusso, basata su esami clinici e strumentali specifici
In particolare, si dovrebbero sempre eseguire esami strumentali prima di iniziare una cura alla cieca con IPP per i sintomi aspecifici, in quanto questi frequentemente non sono dovuti al reflusso.
La diagnosi certa di Malattia da Reflusso Gastro-Esofageo si basa su reperti endoscopici e/o su misurazione dei tempi di esposizione all’acido da parte dell’esofago con la cosiddetta la ph-metria.
Nel caso venga riscontrata all’endoscopia una esofagite di grado lieve, gli IPP debbono essere assunti al dosaggio più basso utile a controllarne i sintomi.
In alcuni casi, i pazienti con reflusso ed esofagite lieve sono in grado assumere gli IPP per breve tempo e, dopo la cessazione dei sintomi, continuare la cura solamente con uno stile di vita corretto, sia nella dieta (perdendo il peso in eccesso), e assumendo dei farmaci antiacidi al bisogno.
Nei casi invece in cui si riscontri all’ endoscopia una esofagite grave, si devono iniziare gli IPP alla dose massima per circa 8 settimane per passare poi ad una dose di mantenimento dimezzata per periodi più lunghi.
Questo vale anche per l’esofago di Barrett, l’esofagite eosinofila e l’esofagite linfocitica.
Inoltre, gli IPP possono essere assunti per lunghi periodi, nei pazienti con ulcera peptica che debbono assumere farmaci antiinfiammatori non steroidei, anti aggreganti, e anticoagulanti al fine di prevenire un sanguinamento gastrointestinale.
Anche se l’assunzione di steroidi (cortisone) di per sé non necessita una terapia concomitante con IPP, tuttavia in casi particolari, come negli anziani >60aa, che assumono la doppia anti-aggregazione insieme al cortisone, è opportuno associare anche un IPP.
In aggiunta, nei casi di aumento patologico della secrezione gastrica come nella sindrome di Zollinger-Ellison, la terapia con IPP ad alte dosi è doverosa.
Infine, i pneumologi prescrivono gli IPP nei pazienti con fibrosi polmonare idiopatica nei quali la possibilità di una minima aspirazione di contenuto gastrico, potrebbe aggravare la loro funzione respiratoria.
Potenza dei vari IPP.
È stata studiata la potenza dei vari IPP, cioè la loro capacità di diminuire la produzione di acido gastrico, e si è arrivati ad una classifica in ordine di potenza partendo dal meno al più potente:
1 pantoprazolo, 2 lansoprazolo, 3 omeprazolo, 4 esomeprazolo, 5 rabeprazolo 6 deslansoprazolo (non in commercio in Italia).
Anche se l’assunzione di steroidi (cortisone) di per sé non necessita una terapia concomitante con IPP, tuttavia in casi particolari, come negli anziani >60aa, che assumono la doppia anti-aggregazione insieme al cortisone, è opportuno associare anche un IPP.
In aggiunta, nei casi di aumento patologico della secrezione gastrica come nella sindrome di Zollinger-Ellison, la terapia con IPP ad alte dosi è doverosa.
Infine, i pneumologi prescrivono gli IPP nei pazienti con fibrosi polmonare idiopatica nei quali la possibilità di una minima aspirazione di contenuto gastrico, potrebbe aggravare la loro funzione respiratoria.
Come ridurre e poi smettere di assumerei i PP.
Una volta che si sia verificato che non esistono le condizioni che giustifichino l’assunzione a lungo termine dell’IPP, deve essere fatto ogni sforzo per eliminare questo farmaco dalla vita dei pazienti.
Questo allo scopo di mitigare il disturbo di ingerire quotidianamente delle pastiglie, di ridurre il numero totale dei farmaci da assumere, di evitare interazioni fra diversi farmaci, di ridurre i costi per il Servizio Sanitario Nazionale ed infine di non andare incontro ai possibili effetti negativi legati all’ingestione non necessaria di IPP ([i]).
E’ fortemente consigliato valutare ogni anno con il proprio medico se l’assunzione continuativa dell’IPP sia necessaria, soppesare se i benefici da essi apportati siano superiori ai loro rischi potenziali e infine individuare la dose efficace più bassa.
Un comportamento pragmatico è quello di dimezzare la dose dell’IPP ogni settimana (fino zero se possibile), arrestando la diminuzione alla ricomparsa dei sintomi.
In dettaglio, i pazienti che assumono l’IPP due volte al giorno, possono assumerlo 1 sola volta al giorno per una settimana e poi eliminarlo.
I pazienti che assumono l’IPP ad alte dosi una sola volta al giorno, possono assumere la dose dimezzata una volta al giorno per 1 settimana e poi eliminarlo completamente.
I pazienti che assumono una dose bassa una volta al giorno possono assumerla a giorni alterni per 1 settimana e poi fermarsi completamente.
I pazienti vanno comunque avvertiti che durante la riduzione di questi farmaci si possono percepire nuovamente i sintomi gastroesofagei, come risultato del rimbalzo della ipersecrezione di acido gastrico dopo un suo blocco prolungato.
Questo evento è comunque transitorio e non necessita una nuova assunzione di IPP.
Considerazioni sull’uso prolungato degli IPP.
Sintomi sgradevoli possono accompagnare l’assunzione di IPP: mal di testa, dolore addominale, nausea, diarrea, vomito, flatulenza.
Essi sono comunque moderati e spariscono con la cessazione del farmaco.
Altri effetti collaterali, peraltro abbastanza rari, sono stati segnalati: infezioni gastro intestinali (da clostridium difficile) malattie renali croniche, nefrite interstiziale acuta, carenza di Vit B12, calo del magnesio ematico, gastrite atrofica, osteoporosi, polmonite da comunità, ictus, demenza, infarto cardiaco, e anche morte improvvisa
Conclusioni
Nonostante la prescrizione e l’assunzione di farmaci IPP sia molto diffusa, sono poche le malattie che giustifichino la loro assunzione per lungo tempo.
- Le più indicate per un lungo trattamento sono: l’esofagite erosiva severa, l’esofagite non erosiva dolorosa che si calma con l’IPP, la stenosi peptica dell’esofago, l’esofago di Barrett, l’esofagite eosinofila, l’ulcera peptica cronica, la prevenzione del sanguinamento gastrico in pazienti a rischio in terapia con anticoagulanti, la sindrome ipersecretiva gastrica denominata Sindrome di Zollinger Ellison.
- Stabilita la necessità di una cura a lungo termine con IPP è necessario individuare la dose minima che azzeri i sintomi e tenga sotto controllo le altre malattie.
- In tutti gli altri casi bisogna fare ogni sforzo possibile per diminuire la dose e non assumere inutilmente il farmaco.
- Complicanze anche severe possono essere conseguenza di un uso prolungato (quanto inutile) dell’IPP.
Tuttavia queste non sono molto frequenti, soprattutto con dosaggi molto bassi di IPP. - Infine, si è visto che i benefici degli IPP nei pazienti seriamente ammalati sono superiori agli eventuali eventi avversi secondari alla loro prolungata assunzione.
[i] Kamboj AK & al. Long-Term Proton Pump Inhibitor USE: Review of Indications and Special Considerations. Gastroenterology and Hepatology 2024;22:1373-1376.
[i] Targownik LE & al. AGA Clinical Practice Update on deprescribing of proton pump inhibitors: expert review. Gastroenterology 2022;162:1334-1342.